Una delle necessità che ad oggi si riscontrano come prorompenti ed estremamente necessarie, a parere di chi scrive, con attinenza al diritto di famiglia, è sicuramente l’approvazione o, per meglio dire “l’accettazione” degli accordi prematrimoniali così come applicati nei paesi di tradizione anglosassone e recepiti ultimamente anche in alcuni paesi europei.
I patti prematrimoniali indubbiamente consentirebbero una miglior gestione della fine del rapporto, sia in fase di separazione ma con ancor più in quella di divorzio, momento di profonda riflessione e cambiamento per ogni coppia che ha condiviso parte della propria vita insieme. Nel nostro ordinamento, i patti prematrimoniali non hanno mai riscosso un’attenzione tale da poterli adottare stabilmente, poiché la Suprema Corte di Cassazione li ritiene ormai da anni del tutto nulli, presupponendo il principio di indisponibilità dei diritti scaturenti dal matrimonio…Pertanto, non sarebbe possibile mai riconoscere ai coniugi la facoltà di accordarsi preventivamente sulle problematiche economiche conseguenti alla fine del loro rapporto matrimoniale.
Nullità degli accordi prematrimoniali in Italia
Più precisamente la storica Sentenza della Corte Suprema n. 3777/81 sancisce la nullità dei patti prematrimoniali per illiceità della causa. Invero, gli accordi prematrimoniali in Italia vengono ritenuti incompatibili con lo status di coniuge e con il diritto all’assegno divorzile, definito di natura assistenziale.
Le diverse e successive Sentenze sull’argomento, iniziano a evidenziare un’apertura alla novità e sancire una nullità non più assoluta ma definibile “relativa” (Cass. Civ. n. 8109/2000, n. 5302/2006, n. 17634/2007), che sfocia nel 2012 con la Sentenza n. 23713/2012, che riconosce la validità di un contratto con cui la futura sposa si impegna a trasferire la proprietà di un immobile al coniuge, per indennizzarlo delle somme spese da costui che ha ristrutturato l’immobile divenuto casa coniugale.
Dopo qualche anno però, la Suprema Corte con la Sentenza n. 2224/2017 ribadisce il concetto, ritenendo ancora una volta nulli gli accordi prematrimoniali per illiceità della causa, laddove i coniugi stabiliscano, in sede di separazione, un futuro regime giuridico patrimoniale determinato da un divorzio, con la motivazione stigmatizzata negli anni e incentrata sull’indisponibilità dei diritti matrimoniali.
Aperture giurisprudenziali sull’introduzione dei patti prematrimoniali
L’unico spiraglio di apertura, tendente alla novità e all’accettazione, seppur gradata, dei patti prematrimoniali, risulta di tutta evidenza con riferimento ai criteri di accertamento del diritto all’assegno divorzile con la Sentenza a Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018.
In particolare, innovando l’unanime e consolidato orientamento giurisprudenziale, la Suprema Corte a Sezioni Unite riconosce nell’assegno divorzile sia una funzione compensativa che perequativa: la valorizzazione della rilevanza delle scelte comuni fatte in costanza di matrimonio, può aprire la strada al riconoscimento della validità di patti prematrimoniali con i quali i futuri coniugi possano definire le rispettive posizioni in caso di divorzio.
Forse, in un tempo non molto lontano, anche in considerazione del tentativo effettuato dalla proposta di Legge Morani – D’Alessandro n. 2669 “Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali“, si potrebbe ritenere valida la possibilità che l’assegno divorzile possa perfino costituire oggetto di un accordo prematrimoniale, considerata la sua predisposizione perequativa e, dunque, disponibile.
Delega al Governo per gli Accordi prematrimoniali?
Nel Decreto di Legge Semplificazione 2019 è stato inserito un comma che prevede una delega al Governo per regolamentare gli accordi prematrimoniali.
La proposta di rendere possibile anche in Italia la stipula di un contratto fra i futuri coniugi nel quale si stabiliscano le regole sulla gestione di una eventuale fine del rapporto non intende riproporre fedelmente il modello anglosassone e statunitense.
Oggetto dei patti prematrimoniali, infatti, non sarà in nessun modo l’affidamento dei figli. Il contenuto dell’accordo si limiterà a gestire:
- I beni patrimoniali per decidere, in caso di separazione o divorzio, cosa rispettivamente spetta a marito e moglie;
- I rapporti personali per regolare eventualità future, come la scelta della città di residenza e la possibilità di un trasloco;
- I principi per l’educazione dei figli, come, per esempio, la scelta della scuola da frequentare.
La sottoscrizione davanti a un notaio o un avvocato e, dunque, l’accettazione delle condizioni da parte di entrambi i partner, conferisce efficacia obbligatoria agli accordi prematrimoniali.
Auspichiamo che avvenga presto la regolamentazione e l’introduzione nel nostro ordinamento degli accordi prematrimoniali, che potrebbero agevolare il nostro lavoro e tutelare al meglio le tante coppie che oltre a una sconfitta, devono anche sopportare “la guerra”.