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Il mancato consenso informato lede le libertà personali

Sul mancato consenso informato da parte del medico in caso di trattamento sanitario, ci sono state, recentemente, importanti affermazioni da parte della Corte di Cassazione. Tali dichiarazioni, contenute nell’Ordinanza n. 10608/2018, chiariscono alcuni punti del delicato tema della responsabilità medica e si possono ritenere delle fondamentali linee guida da tenere in considerazione in materia di consenso informato.

Vediamole per chiarire meglio l’argomento.

In cosa consiste il consenso informato

Il consenso informato è il diritto del paziente a decidere sulla propria salute in modo consapevole. Affinché ciò sia possibile, è prerogativa del medico informare preventivamente il paziente sulle caratteristiche, i rischi e le finalità del trattamento sanitario proposto al paziente, sia esso un intervento, un esame clinico oppure una terapia.

Solo la consapevolezza di questi aspetti, permette al paziente di raggiungere una decisione con il dovuto grado di consapevolezza e rilasciare la sua autorizzazione al trattamento.

Il principio giuridico del consenso informato trova la sua più importante esplicazione nell’art. 32 della Costituzione, quando dichiara che:

“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”

 

Principio connesso con l’art. 13 sempre della Carta Costituzionale che afferma l’inviolabilità della libertà personale ed è avvalorato dalla Legge 833/1978, che elimina la possibilità di eseguire contro la volontà del paziente qualsiasi tipo di accertamento e trattamento sanitario.

Il personale sanitario è, dunque, tenuto a dare informazioni chiare, precise e dettagliate al paziente circa:

  • Lo stato clinico riscontrato;
  • La spiegazione dell’intervento medico ritenuto necessario;
  • La descrizione dei rischi che possono derivare dal mancato intervento;
  • La descrizione dei presunti rischi legati all’intervento;
  • Le alternative al trattamento, se esistono;
  • Le tecniche e i materiali impiegati;
  • I benefici attesi;
  • Le possibili complicanze;
  • Le buone pratiche mediche che il paziente deve eseguire per evitare complicazioni post-intervento medico.

Il consenso informato deve essere redatto e consegnato in forma scritta nei casi in cui il trattamento sanitario possa comportare un grave rischio per la salute del paziente. Negli altri casi, le indicazioni possono essere date anche solo verbalmente, purché si rispettino le regole della chiarezza e completezza delle informazioni.

Cosa comporta il mancato consenso informato

Con la recente ordinanza 10608/2018, la Cassazione fornisce un quadro sulle conseguenze in caso di mancato consenso informato al trattamento sanitario e, di conseguenza, sulla violazione del diritto di autodeterminazione del paziente.

Ancora una volta, la Suprema Corte ribadisce che il consenso informato deve garantire al paziente:

  • Il diritto di scegliere tra le alternative di trattamento medico;
  • La scelta di chiedere ulteriori pareri ad altri specialisti;
  • La possibilità di scelta di affidarsi ad altro sanitario e ad altra struttura, che offrano maggiori e migliori garanzie;
  • Il diritto di rifiutare l’intervento o la terapia;
  • La possibilità di decidere consapevolmente di interrompere la terapia.

Qualora non sia fornita un’informazione completa, al paziente si nega l’esercizio della propria libertà di scelta. Una tale situazione può causare ripercussioni negative, riconducibili a due tipologie di danni:

  1. un danno alla salute, qualora si dimostri che se correttamente informato il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento e non avrebbe così subito conseguenze invalidanti;
  2. un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, qualora il paziente subisca un danno (patrimoniale o non patrimoniale) non riconducibile alla salute. Quest’ultima tipologia può nascere anche nel caso in cui l’intervento non ha causato alcun pregiudizio alla salute del paziente.

A parere della Corte, dunque, il mancato consenso informato lede il diritto all’autodeterminazione del paziente, anche quando l’esecuzione del trattamento sanitario sia stata impeccabile, avendogli negato le possibilità sopra descritte. Il personale sanitario che non ha provveduto a fornire un’opportuna informativa al paziente si espone alla possibilità di una richiesta di risarcimento del danno.

La violazione del diritto all’autodeterminazione, ovviamente, risarcibile solo in via equitativa, deve essere dimostrata e l’onere della prova spettante al paziente deve confermare che il mancato consenso informato ha prodotto un reale danno.

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