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Novità in merito al risarcimento dei danni punitivi

Una nuova sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si esprime sulla compatibilità con l’ordinamento italiano dell’istituto di origine statunitense dei risarcimenti dei danni punitivi.

La novità è che in questo caso, diversamente da quanto affermato nelle sentenze precedenti, si apre a un riconoscimento di una funzione anche sanzionatoria del risarcimento.

La questione sottoposta alla Suprema Corte riguarda la possibilità che il responsabile di un illecito civile possa essere condannato al risarcimento di una somma superiore rispetto al danno patrimoniale subito dal danneggiato. La sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017, afferma che:

“nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi (punitive damages).”

 

Questa pronuncia della Corte rende esecutive le tre sentenze americane con le quali i giudici della Florida riconoscevano il risarcimento dei danni punitivi a un motociclista che aveva subito un incidente stradale per colpa di un difetto del casco indossato.

I danni, pagati inizialmente al motociclista dalla società venditrice del casco, la quale in seguito questa ha chiesto e ottenuto dai giudici statunitensi che il risarcimento fosse da addebitare la somma all’azienda italiana produttrice del casco.

Quest’ultima, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che fosse impossibile in Italia il riconoscimento dei danni punitivi.

Finora, la Corte di Cassazione aveva sempre negato il possibile riconoscimento nell’ordinamento della categoria dei danni punitivi. Infatti, con la sentenza n. 1781 del 2012, stabiliva che

“il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso”,

 

ribadendo così la natura strettamente compensatrice della responsabilità civile.

A seguito dei cambiamenti socio-economici dettati dai processi di globalizzazione ormai ben strutturati, dei numerosi provvedimenti adottati da giudici stranieri in materia e delle consistenti prese di posizione nella letteratura giuridica sul tema, l’ultima pronunzia della Corte riconosce che al risarcimento del danno può essere attribuita anche una finalità diversa da quella meramente riparatoria. Quella che attiene ai danni punitivi.

Apertura al risarcimento dei danni punitivi

Ma cosa si intende con l’espressione danni punitivi, altrimenti detti “esemplari”? Sono un istituto giuridico tipico dei paesi di common law, in particolar modo degli Stati Uniti, che in caso di responsabilità del danneggiante per dolo o colpa grave prevedono il riconoscimento al danneggiato di un ulteriore risarcimento punitivo.

Mentre il sistema giuridico italiano, almeno fino ad ora, ha storicamente interpretato la responsabilità civile come un istituto con finalità esclusivamente riparatorie e compensatorie, focalizzate sulla posizione del danneggiato, nei sistemi di common law l’impiego di danni punitivi si accompagna al riconoscimento del ruolo inibitorio proprio della law of tort, volto a sanzionare, e quindi a prevenire, condotte potenzialmente lesive.

Il risarcimento di danni punitivi non può essere imposto dal giudice italiano senza espressa previsione normativa, cosi come per ogni pronuncia straniera.

“Il principio di legalità postula che una condanna straniera a risarcimenti punitivi provenga da fonte normativa riconoscibile, cioè che il giudice a quo abbia pronunciato sulla scorta di basi normative adeguate, che rispondano ai principi di tipicità e prevedibilità.”

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