incidente stradale donna incinta

Risarcimento incidente stradale donna incinta e perdita del feto: cosa prevede la legge?

Cosa prevede la legge nei casi di incidente stradale che coinvolge una donna incinta? È previsto un risarcimento anche per eventuali danni a carico del feto, e nei casi peggiori per la sua perdita? Vediamo in quali casi e come viene calcolato.

Incidente in gravidanza: cosa succede in caso di danni arrecati al feto?

Se in un sinistro stradale una donna incinta subisce danni fisici tali da apportare lesioni non mortali al feto che possono diventare danni permanenti, questo viene considerato un effettivo danno alla salute di una persona, anche se l’evento si è verificato prima della nascita. Per questo, eventuali lesioni e le loro ripercussioni sul bambino devono essere quantificate sulla base delle Tabelle del danno biologico.

Effettuare esami su una donna incinta, e sul feto subito dopo la nascita, può essere però difficoltoso, come difficile può essere capire quali saranno gli impatti concreti delle lesioni a livello psichico e fisico. Spesso, infatti, il danno effettivo è visibile, e quindi quantificabile in un’ottica di risarcimento, solo dopo una certa fase dello sviluppo infantile.

Ad essere risarciti dovranno essere i danni non patrimoniali subiti dal bambino (danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale, che viene riconosciuto quando le lesioni provocano un evidente peggioramento della qualità della vita di una persona). A questi devono aggiungersi i danni patrimoniali legati alle spese necessarie a causa delle lesioni, come esami, visite, terapie e trattamenti che sono stati resi necessari a causa dei danni dovuti al sinistro, che spesso si protraggono per periodi prolungati anche dopo la nascita.

Perdita del feto: è previsto un risarcimento?

L’articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza dice che lo Stato “tutela la vita umana fin dal suo inizio”. La legge italiana, però, riconosce come persona giuridica solo il bambino che nasca vivo, dal momento in cui esprime la sua capacità di respirare autonomamente. Per questo motivo, i danni in caso di perdita del feto in un incidente stradale non sono equiparabili a quelli da perdita della vita, ma sono comunque risarcibili.

In questo caso, il diritto risarcitorio che fa capo alla madre e al padre si fonda sul diritto alla genitorialità e non sul diritto alla salute. A introdurre l’esistenza di un danno morale ed esistenziale per la perdita del feto è stata la sentenza della Cassazione n.1217 del 2015: prima, ad essere riconosciuto (e quindi risarcito) era solo il danno fisico. La Cassazione per la prima volta ha riconosciuto la risarcibilità dei danni subiti da maternità perduta, intesa come il venir meno di una relazione affettiva anche se ancora solo potenziale.

Per il calcolo dell’ammontare del risarcimento vengono presi in considerazioni diversi fattori, tra cui l’epoca di gestazione, l’età dei genitori, la consistenza del nucleo familiare e le ripercussioni fisiche e psichiche subite dal genitore. Per questo aspetto, riveste un’importanza particolare l’età gestazionale del feto al momento della cessazione della gravidanza: una gravidanza che si interrompe in stato avanzato, magari in prossimità del termine, può comportare danni psico-fisici maggiori rispetto alla perdita del feto che avviene nelle prime settimane.

Vale lo stesso discorso per l’età della madre o per la presenza di eventuali fratelli e sorelle: nei casi in cui la donna rientri nella categoria delle gestanti “attempate”, per cui è più difficile o impossibile avere ulteriori gravidanze, il danno quantificato sarà maggiore rispetto a quello di donne più giovani o con altri figli.

Il risarcimento del danno morale tabellare per la perdita del figlio varia dai 150.000 euro ai 350.000 euro per ogni genitore. Per la perdita del feto i tribunali, prendendo come riferimento gli importi stabiliti da quelle che sono conosciute come “Tabelle di Milano” (Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale), quantificano generalmente il risarcimento da un minimo di 50.000 euro fino ad un massimo di 100.000 euro per la madre (che subisce un danno fisico e psichico maggiore) e tra i 20.000 e i 40.000 per il padre.

Nel caso di una donna rumena la cui gravidanza si è interrotta al 9° mese a causa di un incidente, il Tribunale di Milano ha stabilito che il risarcimento era dovuto per la perdita del potenziale rapporto parentale con il nascituro. L’importo, considerato il dolore della madre che «quella nascita aveva ormai ritenuta prossima e certa, di tutte le progettualità conseguenti alla nascita stessa e della drammatica frustrazione conseguente all’aborto colposo», è stato stabilito in 100.000€.

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Cosa accade, invece, quando a morire in un sinistro stradale per un evento colposo o doloso causato da terzi è la donna che porta in grembo un feto? In questi casi, il risarcimento del danno è esteso ai prossimi congiunti della vittima: il padre, gli eventuali altri figli e i nonni, che hanno diritto alla tutela risarcitoria sia per la morte della donna in gravidanza, sia del potenziale figlio, fratello o nipote.

Anche in questo caso, il diritto che viene risarcito è quello alla genitorialità. Mentre il risarcimento per la morte della donna viene misurato rispetto alla morte di una persona in vita (e quindi quantificato secondo le tabelle del Tribunale di Roma o Milano relative alla morte dei congiunti), la perdita del feto viene stimata secondo criteri legati ai fattori come età gestazionale del feto e caratteristiche del nucleo familiare, ad esempio la presenza di altri figli (e la loro età) e l’età del padre.

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